Native Advertising: perché pianificarla?

Ad Blocking e Banner Blindness sono due ostacoli che non si possono ignorare e che sempre più vanno tenuti a mente nella realizzazione di una qualsiasi attività di marketing di successo. Minano infatti alla buona riuscita di una campagna efficace e funzionale. Ci sono diverse soluzioni e tra queste la Native Advertising.

Come definire la Native Advertising?

Forse non l’abbiamo mai definita così, ma quasi ognuno di noi ha già pianificato questa forma di pubblicità senza neanche saperlo.
Qualche esempio pratico? Le campagne search di AdWords e i post/tweet sponsorizzati.

Nel 2013 la Native advertising è stata definita dallo IAB:

“Il Native advertising fa riferimento ad annunci a pagamento coerenti con il contenuto della pagina, con il design e il comportamento della piattaforma in cui sono ospitati, in modo che l’utente li percepisca semplicemente come parte di essa”

Sono stati codificati diversi formati pubblicitari riconducibili al native:  

  • In-Feed: l’annuncio risulta tra gli articoli del sito editoriale o nel feed dei social;
  • Paid Search: gli annunci compaiono nella serp (Adwords e Bing);
  • Recommendation widget: l’annuncio verte su argomenti correlati all’articolo e viene mostrato alla fine della lettura (Taboola e Outbrain);
  • Promoted listings: vicino ai prodotti di un ecommerce viene visualizzato l’annuncio;
  • In-Ad: contenuti inseriti all’interno di un formato pubblicitario standard;
  • Custom: iniziative personalizzate autonome o in collaborazione con un editore.

La native advertising comprende quindi tutti quegli annunci a pagamento che mantengono lo stile e il modello del sito ospitante, proponendo un contenuto coerente e di grande valore per l’utente.

Principali vantaggi del Native Advertising

Se Content is the King, la Native è sicuramente il futuro dell’adv.

Gli utenti sono sempre più stufi delle pubblicità invadenti, difficili da chiudere e che impediscono di continuare la navigazione senza interruzioni, dei pop up infiniti e dei video non skippabili. Quante volte vi è successo di cercare di leggere un articolo ed essere interrotti da un video espandibile che copre il testo, o da un annuncio floor ad ad esempio di fastweb?

Combattere queste resistenze non è facile, bisogna ricorrere ad alleati che arricchiscano la nostra proposta, che diano valore a quello che vogliamo trasmettere o vendere e che dimostrino da differenza di offerta da tutte quelle fastidiose che tanto cercano di evitare.

Per questo la Native dovrebbe essere lo strumento sul quale puntare e irrinunciabile in ogni pianificazione di advertising.

Il principale vantaggio è che senza attirare l’attenzione dell’utente disturbandolo, il contenuto si mimetizza con il sito e viene percepito come qualcosa di “puro” e genuino.

L’utente diventa sempre più esperto, riesce a comprendere quando ha di fronte una pubblicità e utilizza tutte le armi a sua disposizione per ignorarla: attraverso gli ad block in primis ma soprattutto con un’indifferenza e cecità verso banner e adv (da qui “banner blindness”).

Per questo motivo è fondamentale utilizzare questa tipologia di pubblicità solo nel momento in cui si dispone di un contenuto davvero di valore e non come esca per attirare l’utente ingannandolo.

I numeri della Native

Secondo uno studio di Sharethrough e IPG Media del 2013 gli utenti sono portati a visualizzare gli annunci native il 53% in più rispetto ai classici annunci display e il loro intento all’acquisto è il 44% maggiore. Questo dato può essere molto utile nella divisione del budget nei diversi media coinvolti in una pianificazione di web marketing.

Inoltre il 32% dichiara di essere propenso a condividere i contenuti native con parenti e amici e il 71% si identifica nel brand dopo esservi entrato in contatto attraverso questi annunci.

Cosa ne concludiamo?

Pianificare alcune attività di Native Advertising può risultare una strada vincente, soprattutto quando gli obiettivi di business che ci siamo posti prevedono la crescita del brand, della sua autorità sul web e della sua affidabilità.

E perché no, associare alcune strategie di content marketing, da spingere attraverso campagne native? Provare per credere.

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