Italian Agile Days 2020: impossibile resistere!

Venerdì 13 e sabato 14 novembre si è tenuta #IAD2020, “la” conferenza, almeno nel panorama italiano, dedicata alla metodologia agile. Non anticipiamo niente: lasciamo la parola a due dei partecipanti, ovvero Pietro, programmatore senior, e Mara, specialista dell’adv digitale.

Pietro – Software Engineer

Come ogni anno eccoci arrivati all’appuntamento con gli Italian Aglie Days, evento imperdibile per uno sviluppatore software che si professa “agilista” (o almeno cerca di esserlo). Noi di Evoluzione siamo molto legati a questo evento e, per nessuna ragione, volevamo perdercelo.

Visto il periodo in cui ci troviamo l’edizione 2020, a differenza di quella 2019, è stata caratterizzata da una sostanziale novità: il fatto di essere in full remote. Per questo motivo le modalità di fruizione sono state leggermente diverse ma, per mantenere un senso di “community”, in agenzia abbiamo organizzato un piccolo gruppo di ascolto per guardare i talk insieme e discuterne al termine di essi.

Questa situazione, purtroppo, ha privato la conferenza di tutti quei bellissimi momenti di incontro e di scambio di opinioni che si svolgevano nelle pause break o semplicemente nei momenti di transito tra un talk e l’altro: istanti preziosi dai quali, a volte, nascevano idee importanti o comunque scambi di opinioni veramente formativi. Dall’altro lato bisogna però affermare che il fatto di essere completamente in remoto ha permesso al comitato organizzativo dello IAD di stendere un programma eccezionale, invitando speaker di levatura internazionale che probabilmente non sarebbero riusciti a presenziare alla classica conferenza fisica. Fra gli speaker che hanno preso parte a questa edizione, infatti, ci sono stati anche Alistair Cockburn e Andy Hunt: due dei firmatari del manifesto Agile!Senza entrare nel dettaglio dei singoli talk, posso affermare che gli argomenti trattati sono stati di altissimo livello, toccando tematiche molto trasversali  e adatte a partecipanti con vari livelli di preparazione, in modo da lasciare spunti formativi a chiunque abbia partecipato alla conference. Visto il particolare momento storico in cui siamo inseriti, è stata data anche particolare rilevanza alla componente remota dell’Agile, offrendo spunti di riflessione sul necessario cambio del modello di comunicazione all’interno di team che lavorano in remoto.

Ora non resta che approfondire e mettere in pratica (o cercare di farlo al meglio) ciò che abbiamo appreso in questi giorni, cercando di raffinare le nostre best practice e, indirettamente, anche la qualità dei nostri prodotti, in modo da rilasciare maggior valore ai nostri clienti.

Mara – Advertising Specialist

Perchè una PPC specialist dovrebbe seguire IAD2020? Per lo stesso motivo per cui un marketer dovrebbe interessarsi alla metodologia agile.

Sfatiamo subito un mito: l’agile non è solo per dev. Certo, l’Agile Manifesto è nato in questo contesto ed è altrettanto vero che le conferenze a tema agile brulicano di nerd a vario titolo (lo dico affettuosamente!), ma sono fermamente convinta che la metodologia agile non sia una prerogativa del mondo IT/digitale. Nel programma dello IAD di quest’anno ci sono stati una serie di talk perfettamente accessibili anche per chi dev non è: mi riferisco in particolare agli interventi di Jurgen Appelo, di Alistair Cockburn, ma anche di Vasco Duarte e di Simon Powers. Il minimo comune denominatore di questi talk non è come diventare agili, ma come diventare più agili (per mutuare le parole di Cockburn): adattamento al cambiamento, gestione dei nodi nei processi decisionali, superamento delle criticità ed empasse, strumenti e metodologie di comunicazione nel e tra i team, motivazione dei collaboratori… quale organizzazione, che sia un’agenzia digital, un’azienda, una multinazionale, un team di ricerca, è realmente estranea a questi temi?

Voglio qui sintetizzare quelli che sono i macroconcetti sul quale si è focalizzata la mia attenzione e che credo siano meritevoli di ulteriore approfondimento.

Sensemaking. Quello che ogni singolo collaboratore deve fare, studiare, ideare deve avere un senso per la persona stessa. Quante volte ci siamo sentiti confusi e sopraffatti da direttive imposte da altri, di cui non si coglie il big scheme, per non dire l’utilità? Come affrontare l’innovazione tecnologica o il repentino mutamento delle circostanze, come questa pandemia ci ha dimostrato? Gestire il cambiamento creando delle mappe plausibili di questo shifting world è necessario, come suggerisce Appelo, per affrontare le sempre più numerose situazione caratterizzate da un certo grado di VUCA (volatility, uncertainty, complexity, ambiguity: mi perdoneranno gli agilisti veterani se spiego questo acronimo, non è esattamente tra i più usati in ambito marketing!). 

Un esempio concreto di una situazione simile nel nostro settore? Eccolo. Da un giorno con l’altro tutti parlano di un nuovo sfavillante social media, che cresce a ritmi vertiginosi. Il cliente manda una mail concitata: “dobbiamo esserci anche noi! Quanto budget mettiamo? Chi pubblica i contenuti? Ma non è una cosa che toglie tempo agli altri social?”. Ed è qui emergono gli elementi sopra elencati. Volatilità: questo è oggi il social di punta, ma domani? Incertezza: ha senso spendere tempo e risorse per qualcosa di cui fondamentalmente non conosciamo il ROI? Complessità: diciamocelo, il mondo dei social è già abbastanza articolato, ha senso aggiungere un nuovo tassello? Ambiguità: cerchiamo nuovi utenti attraverso questo nuovo canale, ma non rischiamo forse di ottenere un effetto contrario dedicando meno attenzione alle piattaforme già esistenti?

Una soluzione per orientarci in questa “giungla mentale” è il Cynefin framework (altro concetto che, oserei dire, emerge raramente in ambito marketing), uno strumento nato con il preciso scopo di aiutarci nel processo decisionale in ambienti complessi. Non voglio dilungarmi troppo sul suo funzionamento (essenzialmente si tratta di pattern decisionali standard per situazioni classificate in quattro tipologie: chiare, complicate, complesse, caotiche) perché il punto è questo: anche all’interno di un team marketing, a maggior ragione se viene coinvolto anche il cliente o addirittura altri team, ci troviamo ad agire in situazioni così clusterizzabili. 

Facciamo anche qui degli esempi. Situazione semplice: come gestire il budget pubblicitario di un ecommerce che cresce velocemente? Abbiamo montagne di best practice al riguardo. Situazione più complicata: l’ecommerce cresce a ritmo lento: analisi SEO, analisi dei prezzi, valutazione dello spending e vai di interventi data driven. Situazione complessa: un ecommerce che parte da zero. Il team intero con il supporto del cliente elabora una strategia multicanale e la testa continuamente, in un’ottica di growth hacking che sicuramente vedrà la partecipazione di dev e designer. Caos? L’ecommerce smette di vendere improvvisamente. Parola d’ordine: agire e rimettere in moto la macchina, poi faremo valutazioni e pulizie di primavera. L’agile sembra ancora una cosa così lontana dalla quotidianità?

Psychological safety. Un aspetto dell’agile che mi ha conquistata sin da subito è la forte attenzione per la singola persona. Per essere produttivo, smart, innovativo… ditelo come volete, il Team deve essere composto da persone motivate, appagate, rispettate, sicure. Quest’ultimo aspetto è quello più intrigante e a mio avviso sottovalutato. Pongo la domanda in questo modo: come posso dare il meglio di me se temo che le mie idee non vengano ascoltate, se temo di non essere presa in considerazione, se temo di essere derisa dal resto del Team?

Sono sempre stata convinta che le soft skills siano fattori impalpabili, imponderabili e non quantificabili ma altrettanto decisivi nel far funzionare bene la macchina di un Team, in qualunque contesto. Il talk di Simon Powers ha dato voce a questi miei pensieri, riportando la sua esperienza nel coaching agile. La performance di un team è data dal suo potenziale, depurato dalle interferenze esterne: sul fronte interno bisogna lavorare sulla Team Emotional Intelligence (cosa resa più facile dalla presenza di un agile coach), in più è necessario che il safety wall che protegge il team da pressioni esterne diventi e si mantenga resistente. Non può esserci un team super performante se non c’è nemmeno l’ombra di un vero spirito di squadra!

Stessa agenzia, stesso entusiasmo, due approcci diversi. Pietro e Mara ci hanno così proposto due interpretazioni assolutamente complementari di questa edizione dello IAD. Tra i vari Team di Evoluzione ma anche a livello di agenzia mettiamo in pratica metodologie agili che sono sempre pronte ad essere discusse e migliorate: curioso? Non esitare a contattarci per saperne di più!

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